
Quando si pensa a una PMI che si dota di un e-commerce si tende a pensare che questa venda online i propri prodotti, sfruttando Internet per far raggiungere a questi prodotti clienti che, altrimenti, la dimensione territorialmente limitata dell’attività avrebbe reso faticoso raggiungere.
In verità non è per forza così. Anche gli e-commerce delle PMI possono basarsi, come quelli delle grandi aziende di retail, sulla vendita di prodotti altrui.
Basti pensare ai molti shop online di vini, che spesso hanno alle spalle aziende medio-piccole il cui unico business è, appunto, la rivendita dei prodotti vinicoli altrui.
Nello scenario in cui si è presenti in Internet con un proprio e-commerce nella veste di rivenditori di prodotti altrui, una domanda che ci si pone subito (o che ci si dovrebbe porre subito) è: “Chi risponde al cliente di un difetto del prodotto? Il produttore che l’ha creato o io che l’ho venduto?”
In questo articolo si intende dare risposta supponendo che si stia parlando di un e-commerce B2C, ovverosia di un’attività di vendita rivolta a consumatori finali, che comprano per il proprio godimento personale, e non ad altre aziende che comprando prodotti per poi impiegarli nella propria attività (o rivenderli a propria volta).
Nel caso di vendita al consumatore, responsabile per i difetti del prodotto è sempre il venditore.
Il Codice del Consumo (D. Lgs 206/2005) è chiaro al riguardo. La questione viene affrontata dagli articoli 128-132 del Codice che regolano la cosiddetta garanzia legale di conformità e l’art. 130, al primo comma, precisa che è il venditore a essere responsabile nei confronti del consumatore per i difetti di conformità del prodotto venduto.
Per difetto di conformità, come approfondito dall’art. 129, si intende una caratteristica del prodotto difforme da quanto previsto dal contratto, dalla descrizione fornita dal venditore, da quanto ragionevole attendersi dal tipo di prodotto o che lo rendono inidoneo all’uso che abitualmente si fa di quel tipo di prodotto.
Bisogna prestare molta attenzione al fatto che non tutti i difetti di conformità fanno scattare la responsabilità del venditore. Il venditore non è, infatti, tenuto a garantire il consumatore da difetti evidenti dei quali questi era a conoscenza, o che avrebbe dovuto conoscere con l’ordinaria diligenza (cioè prestando una minima attenzione), al momento dell’acquisto. In questo caso si ritiene che il consumatore abbia accettato di acquistare il prodotto difettoso e che gli vada bene così com’è.
Il venditore, dunque, è responsabile sia dei difetti causati da una sua condotta (ad esempio a causa di un incorretto immagazzinamento) sia dei difetti causati dal produttore (ad esempio per un errore di fabbricazione) o da precedenti venditori (ad esempio il venditore all’ingrosso).
Il senso di addossare al venditore la responsabilità anche dei difetti del prodotto che esulano dal suo controllo, e sono colpa di altri soggetti, è quello di garantire la soddisfazione del consumatore.
Quest’ultimo ha un rapporto diretto solo con il venditore e, quindi, gli è più semplice chiedere e ottenere un’azione riparatoria da questi piuttosto che dal produttore o dai venditori precedenti, con i quali non ha mai avuto rapporti.
Per compensare questa estensione della responsabilità del venditore, l’art. 131 del Codice del Consumo stabilisce che, in caso di difetto causato da un altro soggetto, il venditore ha diritto di regresso nei suoi confronti. Una volta ottemperato al proprio obbligo di garantire il compratore, ad esempio riparando a proprie spese il prodotto o rimborsando in tutto o in parte il prezzo, il venditore può chiedere all’effettivo responsabile di rimborsargli le spese sostenute o di rimborsargli quanto restituito al cliente.
L’azione di regresso deve essere avviata dal venditore entro un anno dal momento in cui ha ottemperato al proprio obbligo nei confronti del consumatore.
Il consumatore che si ritrova ad avere un prodotto difettoso, può, dunque, far valere la garanzia legale di conformità e chiedere al venditore di provvedere alla riparazione, se possibile, o alla sostituzione del prodotto. La riparazione o sostituzione deve essere effettuata in tempi ragionevoli e con il minor incomodo possibile per il consumatore.
Se la riparazione o sostituzione del prodotto risulta impossibile, eccessivamente onerosa oppure non ha risolto il problema, il consumatore ha diritto a una congrua riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto.
Il consumatore può anche chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto subito, se decide di non avere interesse alla sostituzione o riparazione del bene. Tuttavia, non può chiedere la risoluzione del contratto se il prodotto presenta un difetto di lieve entità ed è impossibile o troppo oneroso ripararlo o sostituirlo.
A fronte di un prodotto difettoso il consumatore, tuttavia, non può esercitare la garanzia quando vuole, anche a distanza di anni dall’acquisto. Per evitare abusi da parte degli acquirenti il Codice del Consumo, all’art. 132, fissa dei termini ben precisi.
La responsabilità del venditore viene meno se il difetto del prodotto non si manifesta entro due anni dalla consegna e il consumatore deve denunciare il difetto al venditore entro due mesi dalla scoperta o non potrà chiedere alcunché. In questo modo il consumatore ha a disposizione del tempo congruo per far valere la garanzia e, dall’altra parte, il venditore viene fatto salvo da richieste eccessivamente tardive, riguardanti prodotti che il consumatore ha continuato a usare dopo aver scoperto il difetto o la cui consegna è risalente nel tempo.
Si badi, tuttavia, che se il venditore riconosce il difetto denunciato dal consumatore oppure risulta che lo ha occultato, il consumatore ha diritto a far valere la garanzia anche dopo due mesi dalla scoperta del difetto, ma senza superare i due anni dalla consegna.
Quanto sopra copre, quindi, la garanzia legale di conformità che il venditore è tenuto ad offrire al consumatore, nei modi e termini visti.
Tuttavia, vi sono delle volte in cui a garantire la conformità del prodotto è il produttore direttamente, o un soggetto intermedio, bypassando il venditore. Questo accade quando viene offerta una garanzia convenzionale di conformità, sulla quale è utile soffermarsi brevemente.
Prevista dall’art. 133 del Codice del Consumo, la garanzia convenzionale, come dice il nome, è una garanzia non obbligatoria per legge che il produttore, o altro soggetto diverso dal venditore, può offrire al consumatore. Essendo una garanzia di natura contrattuale le prestazioni garantite e i termini per farla valere possono essere diversi da quelli che abbiamo visto trattando la garanzia legale.
In ogni caso, la garanzia convenzionale, quando presente, si affianca e non sostituisce mai la garanzia legale, che il venditore è sempre tenuto a offrire. Lo scopo di queste garanzie è spesso commerciale, in quanto la garanzia convenzionale costituisce un servizio in più che il produttore o un altro soggetto (il distributore ad esempio) offre ai clienti finali e, indirettamente, ai venditori.
Infatti, se il consumatore può contare su un’efficiente garanzia convenzionale sarà meno propenso a sfruttare quella legale, con vantaggio per il venditore. Quindi, trattando prodotti altrui è sempre il caso di controllare se presentano garanzie convenzionali e, nel caso, renderle evidenti al consumatore al momento dell’acquisto.
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