Come noto, il contratto di agenzia è un accordo con cui una parte, detta “agente”, assume l'incarico di promuovere, per conto della controparte, detta “preponente”, la vendita di prodotti in una determinata zona.
Naturalmente durante lo svolgimento del proprio incarico, l’agente acquisisce una serie di informazioni, come ad esempio nominativi di clienti o conoscenze tecniche, commerciali e merceologiche.
Una volta terminato il contratto, l’agente potrebbe sfruttare tali informazioni per operare in concorrenza con l’ex preponente, cagionando a quest’ultimo un rilevante danno economico e commerciale.
Nell’ottica di offrire la possibilità al preponente di limitare l’attività concorrenziale dell’agente, l’art. 1751 bis c.c. ha introdotto la possibilità di stipulare un patto di non concorrenza post contrattuale.
Tuttavia, poiché tale patto limita di fatto la libertà contrattuale e lavorativa dell'agente, la sua validità è subordinata a presupposti ben precisi che andremo di seguito ad esaminare.
Requisiti
In primo luogo, il patto di non concorrenza deve avere ad oggetto la stessa zona, clientela e genere di beni o servizi per il quale era stato concluso il contratto di agenzia.
Qualora il patto abbia un’estensione maggiore, si ritiene che debba essere considerato valido solo nei limiti di operatività del contratto di agenzia e nullo nella parte eventualmente eccedente (v. Cass. n. 27839 del 2009; Cass. n. 19586 del 2010; Cass. n. 8295 del 2012).
Es. contratto di agenzia concluso per il territorio italiano. Patto di non concorrenza esteso a tutto il territorio europeo.
In questo caso il patto è valido solo nei limiti del territorio italiano. Di conseguenza l’agente può svolgere attività concorrenziali al di fuori dell’Italia.
La durata massima dell’obbligo di non concorrenza è di due anni successivi al termine del contratto di agenzia.
Anche in questo caso, qualora venisse concordata una durata maggiore, il patto resterebbe valido solo per due anni a partire dall’estinzione del contratto.
Quanto alla forma, il patto di non concorrenza deve essere concluso per iscritto. Questo implica la nullità di ogni accordo formulato verbalmente.
Il patto di non concorrenza deve essere infine remunerato in conformità ai parametri stabiliti dall’art. 1751 bis c.c.
In particolare la norma richiamata prevede un’indennità che va commisurata alla durata del patto (non eccedente i due anni successivi all’estinzione del contratto), alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto.
La determinazione dell’indennità in base a tali criteri è affidata ai singoli accordi economici nazionali (AEC).
In caso di disaccordo e qualora gli AEC non siano applicabili, l’indennità viene stabilita dal giudice in via equitativa, tenuto conto della media dei corrispettivi riscossi, della causa di cessazione del contratto di agenzia, dell’ampiezza della zona assegnata e dell’esistenza o meno del vincolo di esclusività per un solo preponente.
Il diritto alla corresponsione matura al momento della cessazione del rapporto. Infatti, avendo natura non provvigionale, l’indennità non deve essere pagata in corso di mandato come le normali provvigioni.
Esclusione del compenso
La Corte di Cassazione con sentenza n. 12127 del 2015 si è pronunciata favorevolmente in merito alla possibilità di derogare contrattualmente al secondo comma dell’art. 1751 bis c.c. in particolare affermando che "la corresponsione di una indennità all’agente commerciale non è prevista a pena di nullità del patto di non concorrenza post contrattuale; anche per la nuova disciplina, l’agente, di intesa con la preponente, può espressamente stabilire che all’obbligo assunto non sia correlato un corrispettivo, atteso che la non specifica valorizzazione economica dell’impegno può giustificarsi come conveniente nel contesto dell’intero rapporto di agenzia".
Di conseguenza, le parti possono derogare convenzionalmente all’onerosità del patto di non concorrenza tramite un accordo scritto e quindi, di fatto, escludere il diritto all’indennità dell’agente.
Violazione del patto di non concorrenza
In caso di violazione del patto di non concorrenza da parte dell’agente, il preponente può richiedere la restituzione del corrispettivo pagato e il risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento.
Molto spesso le parti determinano preventivamente l’ammontare di tali danni attraverso la previsione di una penale che l’agente è tenuto a pagare in caso di inadempimento.
In alternativa il preponente può richiedere in sede giudiziale l’inibitoria allo svolgimento dell’attività concorrenziale.
In tal caso il preponente può richiedere anche il risarcimento dei danni sofferti, ma solo quelli verificatisi prima della concessione dell’inibitoria mentre non può richiedere la restituzione del corrispettivo pagato per il patto di non concorrenza e neppure il pagamento integrale della penale, se prevista.
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